La società senza dolore: Byung-Chul Han e la sofferenza
La società senza dolore: Byung-Chul Han e la sofferenza
Nel suo libro “La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite”, il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han esplora la tendenza contemporanea a eliminare ogni forma di sofferenza dalla nostra esistenza: l’autore in questo testo ci invita a una riflessione profonda su come viviamo la nostra vita e su come affrontiamo la sofferenza.
L’autore
Byung-Chul Han è un filosofo e teorico culturale sudcoreano di spicco, noto per le sue acute analisi della società contemporanea. Nato a Seoul nel 1959, Han ha inizialmente studiato metallurgia nella sua città natale. Tuttavia, la sua passione per la filosofia lo ha portato a trasferirsi in Germania, dove ha studiato filosofia, letteratura tedesca e teologia cattolica presso l’Università di Friburgo e l’Università di Monaco.
Nel 2000 si è trasferito all’Università di Basilea, dove si è abilitato all’insegnamento universitario di filosofia. Nel 2010 è diventato professore e dal 2012 insegna all’Universität der Künste Berlin. La sua carriera accademica è stata segnata da un’intensa produzione intellettuale, con numerosi libri e articoli che affrontano temi centrali per l’uomo moderno.
Dalla cultura del benessere all’anestesia della vita
Han racconta come nella società contemporanea si sia sviluppata una vera e propria ossessione per il benessere che ha portato a concepire il il dolore e la sofferenza come anomalie da eliminare: questa ricerca incessante del piacere e della comodità ha portato a una cultura che evita qualsiasi forma di disagio. In questa visione del mondo il dolore viene privato di qualsiasi possibilità di espressione e viene condannato a tacere.
Questo desiderio di evitare il dolore ha portato a una sorta di “anestesia” della vita che riduce la profondità delle nostre esperienze: quando il dolore viene soffocato infatti la stessa felicità si appiattisce e si può arrivare a sentire una forma di apatia o torpore. Se tutto questo ci protegge nello stesso tempo rischia di renderci meno resilienti e meno capaci di affrontare le sfide quotidiane della vita.
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La critica della società della performance
Il filosofo critica anche la “società della performance”, dove l’individuo è costantemente spinto a migliorare se stesso e a raggiungere obiettivi sempre più elevati. Oggi rischiamo di vivere questa pressione perpetua che paradossalmente contribuisce ulteriormente ad alimentare il malessere nella misura in cui non ci consente di accettare e integrare la sofferenza nella nostra vita.
La società che non accetta il dolore coincide con la società della prestazione in quanto il dolore viene interpretato come segno di debolezza, qualcosa da nascondere o eliminare a favore dell’ottimizzazione e della produttività.
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Il potere del Dolore
La sofferenza racconta semplicemente del modo in cui stiamo e può diventare un’opportunità per la crescita e la trasformazione personale. Eliminandola, la società perde una compon e nte essenziale dell’essere umano, quella fragilità che ci contraddistingue e ci connette con la parte più autentica, umana appunto, di noi stessi. C’è inoltro un potere trasformativo nel dolore, in quanto esso purifica, emana un effetto catartico. L’autore stesso usa la metafora della diga: se il dolore si oppone inizialmente al flusso vitale, una volta attraversato, porta via se stesso e ci riconnette con noi stessi.
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Il ruolo dell’Altro
L’autore critica per certi aspetti la psicologia in quanto ritiene che la società attuale si sia distratta da uno sguardo sociale e collettivo costringendoci unicamente all’introspezione per far si che ognuno sia occupato da sè stesso e dalla propria psichè invece di indagare criticamente le questioni sociali. Lo slancio verso un’ottimizzazione dell’anima ci costringe in realtà ad adeguarsi dal punto di vista delle lotte sociali, sigillando la fine delle questioni legate al cambiamento della società. Questa visione rischia di isolare gli esseri umani invece che riunirli in noi sottraendoci dalla mano guaritrice dell’incontro con l’altro.
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